Saluto a Guido Crapanzano
Ciao Prof!
Non sono mai riuscito a darLe del Tu, eppure dal primo giorno della nostra conoscenza l’ho reputata una persona di famiglia, o meglio Lei mi ha considerato come un figlio.
Ad almeno un centinaio di persone ho raccontato la storia del nostro primo incontro e della fiducia concessa ad uno studente di ingegneria, 24enne, dopo poche ore in cui eravamo stati insieme.
Quando riportai quella storia alla direttrice della mia banca, radunò tutti i suoi sottoposti e mi chiese di ripeterla, perché era ciò che avrebbero quotidianamente dovuto fare: dare fiducia a chi ritenevano la meritasse. Come del resto faceva Amadeo Peter Giannini, del quale ciò che oggi conosciamo si deve perlopiù ai Suoi studi.
Eppure la nostra conoscenza era iniziata per caso, semplicemente perché Le avevo chiesto alcuni antichi cataloghi di cartamoneta. Il giugno del 2009 fui l’unico invitato a quella cena a 5 stelle, tra personalità di cui quasi ignoravo l’esistenza. L’unico che non aveva alcun particolare merito per essere lì, così come il giorno seguente a Palazzo Marino. Della cena conservo ancora una fotografia nel mio studio.
Con il passare degli anni, ho compreso che il Suo progetto era quello di trasferirmi quanto più possibile delle Sue conoscenze numismatiche e delle Sue ricerche. E dal mio canto ho cercato di apprenderle, facendo della numismatica una passione, un lavoro, uno stile di vita. Sono conscio, tuttavia, che nessuno potrà mai somigliarLe davvero: dalla musica all’imprenditoria, dall’arte alla numismatica, come un Re Mida, tutto ciò in cui si cimentava, andava per il verso giusto.
Non solo, qualsiasi persona che mi chiedeva informazioni sul Suo stato di salute, dopo qualche minuto mi raccontava un aneddoto che la legava a Lei oppure un dono che aveva ricevuto. L’ultima volta ieri sera, durante la conferenza dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici a San Pietro Infine, quando Lei era già venuto a mancare, ma la notizia non mi era ancora giunta.
In questa occasione ho scelto di pubblicare una foto privata, scattata quando il Suo stato di salute iniziava ad essere precario, ma mi riceveva a Milano come ai tempi migliori. Con me c’era sempre qualcuno di famiglia e se era Lei a venire a trovarmi, tutti i miei amici e parenti dovevano incontrarLa. Pochissime persone possono ricordarLa senza il consueto abito blu, la camicia celeste, la cravatta regimental e la rosetta di Grande Ufficiale.
Dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti ha rappresentato il nostro “nonno Libero” di “Un medico in famiglia”, il saggio a cui chiedere lumi se c’era un dubbio o un momento di difficoltà. Siamo felici che il piccolo Antonio Vendemia sia riuscito a conoscerLa: lo scorso maggio, a quattro mesi, ha appositamente affrontato il suo primo viaggio in treno.
Potrei continuare questa lettera aperta citando le Sue illustri amicizie fraterne o i risultati professionali e imprenditoriali, ma per quello esistono le biografie. Ricordo solo che ogni edizione del catalogo de La Cartamoneta Italiana abbiamo fatto fatica a contenere il testo della Sua biografia in una sola pagina.
Preferisco, invece, salutarLa con il motto che avrebbe voluto fosse inciso sulla Sua lapide, che La rappresentava e faceva sorridere tutti, ma non oggi, non me: “perse la vita, ma non il buonumore”.
Milano, dicembre 2023
Gerardo Vendemia