Introduzione
Perché preferiamo un prodotto ad un altro? Perché ne scegliamo un terzo se collegato a una promozione solo apparentemente più vantaggiosa? Nell’era dei media digitali, dei social e dello scroll, le nostre decisioni (di acquisto e anche di voto) sono estremamente veloci, basate sempre più sull’estrema sintesi delle informazioni. In questo contesto, in cui la decisione è sempre più spesso generata nel livello dell’inconscio, le neuroscienze hanno rivoluzionato il modo in cui il marketing osserva, analizza e influenza il comportamento dei consumatori. Questo ha reso evidente il limite degli strumenti tradizionali, come sondaggi o focus group, che si basano su risposte dichiarate e spesso razionalizzate a posteriori, a favore del neuromarketing, disciplina nata dalla convergenza tra neuroscienze cognitive, psicologia comportamentale ed economia, il cui obiettivo è analizzare i processi mentali ed emotivi che guidano le scelte del pubblico.
La tecnologia ha aiutato i ricercatori con strumenti tecnologicamente innovativi, tra cui l’eye-tracking, che è in grado di registrare con precisione i movimenti oculari per determinare su quali elementi visivi si concentra l’attenzione dell’osservatore. L’occhio umano, infatti, non analizza l’intero campo visivo in modo omogeneo: si muove per saccadi e fissazioni, scegliendo dove soffermarsi solo per pochi istanti. Capire quali contenuti riescono a catturare lo sguardo e quali vengono ignorati è un vantaggio strategico. Questo è ancor più vero in un contesto comunicativo saturo e altamente competitivo.
Le neuroscienze e la svolta del marketing
L’interesse verso i meccanismi neurobiologici che regolano i comportamenti d’acquisto è cresciuto a partire dagli anni duemila, quando le prime ricerche cominciarono a dimostrare che le scelte dei consumatori non erano il frutto esclusivo di un processo razionale, bensì la sintesi di stimoli inconsci, emozioni e abitudini pregresse. A confermarlo furono gli studi di Antonio Damasio sul ruolo delle emozioni nei processi decisionali, e quelli di Daniel Kahneman, che descrisse un duplice sistema cognitivo: uno rapido, automatico ed emotivo e uno lento, razionale e deliberativo.
Il neuromarketing si è proposto quindi come risposta all’esigenza di superare l’autoreferenzialità delle dichiarazioni dei consumatori, offrendo strumenti in grado di leggere i segnali fisiologici e cerebrali che accompagnano l’esposizione a uno stimolo pubblicitario, a un prodotto, o a un contenuto politico.
I metodi di misurazione nel neuromarketing
Tra le tecnologie oggi più diffuse in ambito neuromarketing vi sono la risonanza magnetica funzionale (fMRI), l’elettroencefalografia (EEG), la misurazione della conduttanza cutanea (GSR), la codifica facciale delle emozioni, e l’eye-tracking. Ciascuna tecnica consente di osservare una diversa dimensione della risposta del consumatore.
La fMRI, ad esempio, permette di visualizzare le aree cerebrali attivate da uno stimolo, ma ha un costo elevato e una scarsa applicabilità in ambienti reali. L’EEG, invece, è più accessibile e consente di registrare in tempo reale l’attività elettrica del cervello, utile per analizzare l’attenzione e il coinvolgimento. Il GSR misura le variazioni della conduttanza della pelle, segnali dell’attivazione emotiva, mentre la codifica facciale rileva le microespressioni del volto associate a emozioni specifiche.
L’eye-tracking si inserisce in questo contesto come uno strumento privilegiato per la misurazione dell’attenzione visiva. Sebbene non fornisca indicazioni sulle emozioni o sulle intenzioni comportamentali, restituisce informazioni immediate e affidabili su quali elementi attirano lo sguardo e per quanto tempo, offrendo indicazioni fondamentali nella progettazione di messaggi visivi, materiali pubblicitari e layout informativi.
L’eye-tracking: potenzialità e limiti
Il principio alla base dell’eye-tracking è semplice: gli occhi si muovono costantemente per orientarsi nell’ambiente visivo e acquisire informazioni. Registrando questi movimenti è possibile ricostruire la mappa dell’attenzione del soggetto, evidenziando quali elementi visivi sono stati osservati per primi, quali in seguito e quali addirittura ignorati.
La tecnologia si basa su telecamere a infrarossi che rilevano la posizione della pupilla e la sua traiettoria, trasformando i dati in rappresentazioni grafiche come le “mappe di calore” (heatmap), dove le zone più osservate appaiono in rosso, e i percorsi visivi (scanpath), ovvero la sequenza degli sguardi.
Nel marketing, l’eye-tracking viene spesso utilizzato per testare l’efficacia di un packaging o valutare se il logo di un prodotto viene visto. Inoltre può consentire l’analisi del comportamento dell’utente in un sito web o studiare l’impatto di uno spot pubblicitario. Ancora, in ambito politico, può aiutare a capire se lo sguardo del cittadino si concentra sul volto del candidato, sul simbolo del partito o sullo slogan.
Uno dei principali vantaggi dell’eye-tracking è la sua non invasività: i soggetti osservano gli stimoli in modo naturale, senza che venga loro richiesto di descrivere le proprie sensazioni. Inoltre, i risultati sono spesso intuitivi, traducibili in indicazioni operative immediate. Tuttavia, è fondamentale ricordare che l’eye-tracking misura solo l’attenzione visiva, e non consente di comprendere le reazioni emotive o le valutazioni cognitive dello spettatore.
Un elemento visto a lungo può indicare interesse, ma anche confusione o disappunto. Per questo motivo, i dati raccolti devono essere interpretati con cautela, e possibilmente integrati con altre misurazioni, come l’analisi del battito cardiaco, della conduttanza cutanea o delle espressioni facciali.
L’eye-tracking si distingue in modo netto dai metodi tradizionali di analisi del comportamento del consumatore, come i questionari, le interviste o i focus group. Questi strumenti si basano infatti su risposte consapevoli, soggette a bias cognitivi e sociali: il partecipante può dire ciò che crede sia la risposta “giusta” o più accettabile, oppure può non essere del tutto consapevole dei reali processi decisionali che lo guidano. Al contrario, l’eye-tracking consente di raccogliere dati oggettivi e immediati, tracciando i movimenti oculari in tempo reale e mostrando ciò che davvero attira l’attenzione.
Tuttavia, i metodi classici hanno ancora un ruolo rilevante: permettono di indagare le motivazioni profonde, le preferenze dichiarate e gli atteggiamenti, elementi che l’eye-tracking da solo non può rilevare. Per questo motivo, le aziende più evolute adottano un approccio integrato, combinando tecniche neuroscientifiche e strumenti qualitativi, per ottenere una comprensione completa e multilivello del comportamento del consumatore.
L’ottimizzazione di uno spot in tempo di crisi reputazionale
Uno degli esempi più interessanti di utilizzo concreto dell’eye-tracker in Italia riguarda una campagna pubblicitaria televisiva di Costa Crociere, analizzata e ottimizzata con il supporto metodologico di un’agenzia specializzata in user experience e neuroscienze applicate. Nel caso specifico non era trascorso molto tempo dal naufragio della Costa Concordia, al largo dell’Isola del Giglio, nel 2012. In questo periodo l’azienda dovette muoversi in campo pubblicitario con estrema cautela, nel tentativo di recuperare la brand reputation, fortemente scalfita da quel tragico evento. La condanna definitiva era arrivata nel 2017, proprio quando erano in corso le registrazioni dello spot televisivo con protagonista la cantante Shakira. Bisognava nuovamente evitare, dopo il naufragio reale, anche qualsiasi naufragio comunicativo.
Dopo le registrazioni, i vertici della compagnia di navigazione avanzarono dubbi legati alla possibile associazione visiva di un promontorio, che compariva nel video promozionale, con il naufragio del 2012. Inoltre, dallo spot originale di un minuto, bisognava ricavare le versioni ridotte, per migliorare frequenza e penetrazione, contenendo i costi.
L’esperimento è stato strutturato secondo una logica di osservazione passiva, in cui un campione selezionato di spettatori veniva esposto allo spot pubblicitario in un ambiente controllato. Indossando dispositivi per il tracciamento oculare, i soggetti venivano monitorati durante la visione del video, permettendo di registrare con precisione millimetrica il percorso visivo di ciascun partecipante.
Attraverso la sovrapposizione dei dati raccolti (heatmap, gaze plots, sequence path), è stato possibile individuare i “punti caldi”, ossia le aree visive che attiravano maggiormente l’attenzione collettiva, e i “punti ciechi”, ovvero porzioni dello schermo che venivano sistematicamente trascurate. Tali informazioni, interpretate alla luce dei principi di attenzione selettiva e carico cognitivo, hanno consentito di comprendere quali elementi visivi fossero realmente efficaci nella veicolazione del messaggio e quali, invece, rappresentassero un “rumore di fondo” non funzionale alla narrazione.
Lo studio ha evidenziato che l’attenzione degli osservatori era incentrato sui protagonisti e sulla nave, specialmente nella scena oggetto di maggiore attenzione, nella quale quest’ultima appare dal promontorio, quasi sempre ignorato. Il responso, incrociato con le altre tecniche di controllo e misurazione, ha confortato i vertici della compagnia di navigazione.
Inoltre l’analisi ha mostrato come lo spot, nella sua versione originale, fosse ricco di dettagli visivi e cambi di scena che, sebbene stilisticamente coerenti con l’immaginario del brand, non catturavano particolarmente l’attenzione del pubblico. Anche altre inquadrature paesaggistiche, fortemente suggestive ma statiche, risultavano spesso ignorate, a favore di scene dinamiche, che mostravano interazioni dirette tra i protagonisti o momenti di relax a bordo, che ottenevano livelli di fissazione più alti e prolungati.
A partire dai risultati dell’analisi, il team creativo ha così potuto ristrutturare il messaggio promozionale secondo un criterio evidence-based: sono state eliminate alcune scene ridondanti, rafforzate quelle più performanti, e anticipata la comparsa del logo e dello slogan, garantendo una maggiore esposizione visiva. È stata inoltre migliorata la coerenza tra colonna sonora, voice-over e elementi visuali, con l’obiettivo di facilitare l’integrazione multisensoriale e ridurre il carico cognitivo dello spettatore.
La versione breve, focalizzata, ha registrato una migliore performance nei test di recall e una più elevata valutazione dell’esperienza emozionale. I dati hanno evidenziato un incremento nell’engagement visivo e nella memorizzazione del brand, nonché un aumento della propensione all’acquisto dichiarata nelle interviste post-esperimento.
Costa Crociere naviga a vele spiegate
Il caso riveste particolare interesse perché si tratta di un brand consolidato che, per migliorare la performance del proprio spot, ha scelto di affidarsi non solo al giudizio creativo, ma anche a strumenti scientifici di misurazione dell’attenzione visiva e dell’impatto emozionale. L’eye-tracking dimostra di poter essere uno strumento prezioso per analizzare e migliorare la comunicazione visiva negli spot pubblicitari, permettendo di identificare le sequenze più efficaci e di ottimizzare la durata del messaggio senza comprometterne l’impatto. Costa Crociere ha evitato un potenziale passo falso e ha contemporaneamente ottimizzato il rendimento della campagna pubblicitaria. Del resto, in un contesto come quello pubblicitario, in cui pochi secondi determinano il successo o il fallimento di un messaggio, poter misurare scientificamente l’attenzione visiva rappresenta un vantaggio competitivo.
Risulta evidente che, rispetto ad altri strumenti neuroscientifici, come l’elettroencefalogramma (EEG) o la risonanza magnetica funzionale (fMRI), l’eye-tracking sia meno invasivo, più economico e facilmente implementabile in contesti reali. I suoi limiti principali risiedono nella necessità di una corretta interpretazione dei dati (non tutto ciò che viene fissato è necessariamente compreso) e nella possibile variabilità individuale nella risposta visiva. Tuttavia, se integrato con altri strumenti (ad esempio interviste e analisi biometriche), l’eye-tracking può costituire il cuore di un approccio metodologico misto, capace di unire rigore scientifico e sensibilità comunicativa.
Bibliografia
- Antonio Damasio, 2022, Sentire e conoscere, Adelphi
- Rumen Pozharliev, Patrizia Cherubino, 2020, La mente del consumatore: Guida applicata al neuromarketing e alla consumer neuroscience, LUISS University Press
- Alessandra Spina, 2018, L’Eye tracking per i test neuromarketing di valutazione degli spot. Il caso Costa Crociere, consultabile su https://www.tsw.it/journal/progetti/l-eye-tracking-per-i-test-neuromarketing-di-valutazione-degli-spot-il-caso-costa-crociere/
- Costa Crociere S.p.a., 2017, Spot “Benvenuti alla felicità al quadrato”, visibile su https://www.youtube.com/watch?v=jENZGJ-sgSw