Gli outsider italiani, Craxi e Berlusconi

Quando l’egemonia dei partiti ha lasciato spazio a nuove forme di leadership.

Per le generazioni Alpha, Zoomers e Millennials la personalizzazione della politica è consuetudine. Per chi, invece, ha vissuto l’era della partitocrazia, le nuove leadership rappresentano spesso minore democrazia, mancanza di rappresentazione, un passo indietro ideologico. Ma cosa si intende per personalizzazione della politica? Chi, e come, ha trasformato la politica dei in Italia?

La personalizzazione della politica si riferisce a quel fenomeno per cui il leader diventa la figura centrale nel discorso politico, oscurando o riducendo il ruolo del proprio partito, dei programmi e delle ideologie. In un contesto personalizzato, le elezioni si concentrano sulla figura del leader, sulla sua personalità, sulla sua immagine e sulle sue capacità comunicative, piuttosto che su politiche concrete o ideologie a lungo termine.

Questo processo non è limitato alle democrazie consolidate, ma è una tendenza che ha preso piede a livello globale, in particolare nei paesi occidentali. Le campagne politiche si basano sempre più sull’aspetto mediatico e sulla capacità di un leader di creare una connessione emotiva con l’elettorato. La personalizzazione della politica rappresenta un cambiamento significativo nei sistemi democratici moderni. Se da un lato questa tendenza ha reso la politica più vicina e accessibile per alcuni cittadini, dall’altro, riducendo la centralità delle ideologie e delle politiche concrete, l’ha anche resa più fragile e polarizzata.

Per analizzare il caso italiano bisogna andare a ritroso di alcuni decenni. Dalla seconda guerra mondiale l’Italia era uscita mutilata. Oltre che i territori occupati militarmente dell’Africa Orientale Italiana, dell’Albania e la concessione a Tien-Sin, aveva anche perso l’Istria, la Dalmazia e i possedimenti dell’Egeo, territori abitati da connazionali. La neonata Repubblica, reduce dalla guerra e dal ventennio fascista, doveva voltare pagina ed evitare leadership personali. Attraverso il sistema di governo e la costituzione, l’egemonia venne quindi affidata al sistema dei partiti, al cui interno nessuno di essi, da solo, avrebbe potuto gestire la cosa pubblica. Questo principio è rimasto valido, senza alcun dubbio, almeno fino all’omicidio di Aldo Moro. Da quel tragico evento qualcosa inizia a cambiare nella politica italiana.

 

Bettino Craxi

Alle elezioni del 1976 il Partito Socialista Italiano aveva ottenuto un risultato estremamente deludente, scendendo sotto la soglia del 10%, con poco più di 3,5 milioni di voti, effetto di un periodo in cui ci si preoccupava più delle discussioni interne che dell’immagine da trasmettere agli elettori. Era necessario un forte segnale di cambiamento. La scelta di De Martino di puntare ad una nuova alleanza con il Partito Comunista non aveva premiato. Il 16 luglio, il Comitato centrale, frammentato da numerose correnti interne, prive di una solida maggioranza, si riunì presso l’Hotel Midas di Roma e scelse Bettino Craxi, pupillo di Nenni, come “segretario di transizione”, immaginato come un traghettatore, in attesa di individuare la corrente maggioritaria.

Sin dalla sua elezione, invece, Craxi dimostrò di essere un decisionista, di avere l’ambizione e le caratteristiche per lasciare un’impronta ben più marcata nel panorama politico della nazione. La scelta demartiniana venne sovvertita, Craxi rompe con il marxismo e apre la guerra ai comunisti, in linea con l’omologo Mitterand in Francia.

La vera svolta è tuttavia legata alla visione del partito e della figura del leader, la personalità in cui, secondo Craxi, il partito deve riconoscersi. Da questo punto di vista è un assoluto innovatore. Per la prima volta, alle elezioni politiche del 1979, sui manifesti elettorali appare l’immagine del Segretario, dominante, accanto al simbolo del PSI.

L’iconografia è emblematica, in netta opposizione con l’immagine del leader politico di quel periodo: Craxi appare in abito sportivo, una scelta strategica, per mostrarsi più vicino all’elettore. Il segretario del PSI fu infatti il primo esponente politico nazionale ad intercettare la recente richiesta dei cittadini di essere rappresentati da una personalità carismatica, ma proveniente dalla gente comune. Il suo ufficio stampa diffuse contemporaneamente immagini e video in cui appariva in jeans, camicia e giubbotto di pelle; una scelta efficace, ripresa da Matteo Renzi dopo circa trenta anni.

Nella stessa campagna elettorale del 1979 propone l’idea di un “contratto con gli italiani”, avveniristica in quel contesto, se pensiamo che sarà utilizzata da Silvio Berlusconi 22 anni dopo, in televisione, negli studi di Bruno Vespa.

E proprio la televisione è uno degli strumenti che rafforza le leadership con forte personalizzazione degli ultimi decenni del secolo scorso. In Italia, Bettino Craxi è il primo a intuirlo: le piazze si svuotano, la politica si sposta in televisione. Gli iscritti ai partiti non frequentano le sezioni come qualche anno prima, la politica è sempre più nazionale e meno radicata sul territorio. Sul piccolo schermo le composte “tribune elettorali” stanno mutando in “talk show” e il Segretario è il volto principale da spendere.

Ma l’aspetto mediatico non è il solo ambito in cui emerge la personalizzazione della politica di Craxi. Una chiara dimostrazione della sua fermezza si evince dal decreto di San Valentino del 1984 e la conseguente posizione netta sul referendum, a difesa delle proprie scelte. Ai giornalisti che gli chiedevano, in caso di sconfitta, se si fosse dimesso, rispondeva prontamente: “un minuto dopo”.

Il decisionismo Craxiano emerge nuovamente nella crisi di Sigonella, quando non esitò a sfidare la resistenza dell’alleato americano. Esprimeva quindi chiaramente la propria identità agli occhi del mondo, ma soprattutto dell’opinione pubblica, sottolineando di essere amico degli USA, ma non subalterno.

Craxi era tuttavia pur sempre figlio del PSI e la sua attività politica avveniva in un contesto che subiva internamente l’influenza di equilibri internazionali (si pensi a quanti elettori votavano Democrazia Cristiana per un sentimento di paura verso l’ideologia comunista). Con la caduta del muro di Berlino finisce la guerra fredda e terminano i condizionamenti esterni che avevano caratterizzato la politica del secondo dopoguerra. Il sistema politico può liberare le sue energie, ma gli italiani, indignati, gli sono contro.

Silvio Berlusconi

Nel 1993 l’inchiesta “mani pulite” ha mandato in crisi profonda tutti i corpi intermedi, partiti politici e sindacati, che dunque non sono più in grado di esprimere dal proprio interno il consenso. Questo contesto è per sua natura fertile affinché emerga la leadership individuale. In Italia non è la prima volta che sorge un vuoto politico, era accaduto con l’avvento del fascismo, quando il sistema liberale si era incartato. In altre nazioni lo stesso sistema istituzionale aveva creato, dall’interno, una nuova persona di riferimento (si pensi alla Francia con Charles De Gaulle).

Questa volta un outsider, un imprenditore, un self-made man, Silvio Berlusconi, riesce ad incarnare quel sentimento popolare di indignazione, lo fa proprio, lo cavalca al punto da essere diffusamente considerato, prima ancora di salire al potere, un “salvatore”.

La leadership politica deriva d’altronde dalla sua biografia. Nel primo discorso di presentazione alla Nazione del 26 gennaio 1994 si presenta come alfiere di una società che si esprime direttamente. Con il solo incipit del celebre messaggio televisivo “l’Italia è il Paese che amo” dimostra il suo linguaggio, semplice, di chi lavora, in netta contrapposizione a quello autoreferenziale della politica che lo ha preceduto, “superata dai tempi”.

La personalizzazione della politica raggiunge con Berlusconi la massima espressione: la sua biografia si immedesima nel messaggio politico. Partendo dal Paese così com’è, Berlusconi garantisce meno Stato e meno politica, grazie a una classe dirigente composta da persone esterne ai partiti. A differenza del suo predecessore Bettino Craxi, Berlusconi non desidera apparire un intellettuale. Il concetto è chiaro, chi lo ha preceduto in politica si è dimostrato incapace, dunque propone la sovversione dell’ordine, attraverso le migliori espressioni della società civile, i professionisti, gli imprenditori, dimostrando di essere a pieno titolo una persona-programma. Berlusconi porta in politica quello che egli stesso, da imprenditore, avrebbe voluto dalla politica, cioè il concetto che la politica non debba rieducare, ma aiutare dei cittadini già capaci di scegliere. Questo ragionamento aggiunge contenuto (discutibile) alle grandi doti comunicative (indiscutibili), figlie anche della sua posizione dominante nei media.

Tanto è anti-politico da eliminare la parola partito dal nome del suo movimento, che è esso stesso slogan: “Forza Italia”. Una scelta, quest’ultima, che lo allontana dalla politica, ma soprattutto lo avvicina al sentimento popolare. Come Craxi, trova un nemico politico nel comunismo, il che gli permette di essere in sintonia con un ampio numero di elettori.

Il ruolo del leader in Italia, subisce con Berlusconi un notevole rafforzamento nel 2005, quando con la riforma della legge elettorale vengono aboliti i voti di preferenza, dunque i candidati sono eletti secondo l’ordine fissato al momento della presentazione della lista.

Involontariamente il ruolo di leader gli viene legittimato anche dalla sinistra, la quale si unisce solo nell’anti-berlusconismo accusandolo di qualunquismo. Berlusconi riusciva ad essere votato in maniera trasversale in ogni regione d’Italia, captando voti da qualsiasi classe sociale, spesso anche da quella “distratta” o incompetente, quindi anche dagli impolitici.

E’ interessante notare come il carisma di Berlusconi viva politicamente anche dopo la sua dipartita e come il suo partito-persona, che utilizza ancora le sue fotografie e il suo nome, abbia ancora un seguito elettorale.

Conclusioni

Sebbene un leader carismatico possa avere un forte impatto nel raccogliere consenso e indirizzare il paese, sarebbe fondamentale coniugare la forza della leadership con una visione collettiva e di lungo periodo, che possa affrontare le sfide globali e locali in modo equo e sostenibile.

 

Bibliografia

Wikipedia, disponibile su https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Socialista_Italiano

Wikipedia, disponibile su https://it.wikipedia.org/wiki/Bettino_Craxi

Crapanzano, Giulianini, Vendemia, 2022, La Cartamoneta Italiana, Cellole

Wikipedia, disponibile su https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativo_in_Italia_del_1985

Wikipedia, disponibile su https://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Mitterrand

YouTube, disponibile su https://www.youtube.com/watch?v=aStF2b5ryJg&t=146s

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